Di solito la fotografia di un umano con un apparecchio in mano che fotografa è attraente. L’atto del fotografare è attraente.
Spesso finché non si vede ciò che è stato effettivamente ripreso.
La fotografia è “altro”
Moderatori: NatRiscica, maucas, simone toson, luca rubbi
In rete c'è un interessante testo di Settimio Benedusi che parla di questo:
https://www.benedusi.it/blog/il-gesto/
Ci sono decine di video su Youtube che riprendono i grandi fotografi al lavoro e come dico spesso una persona attenta, intelligente e volenterosa e sensibile può imparare molto vedendo Araki che scatta una modella.
Molto di più di quello che può imparare dall'ennesimo workshop o dall'ennesima master class (due termini anglofoni che detesto ma che qua calzano a pennello) con il photographer di turno (ecco il perché dei due anglicismi sopra).
Benedusi non fa molto per rendersi simpatico.
Ho fatto un workshop con Jerome Sessini 10 anni fa. Non mi ha insegnato NIENTE, ma ho visto come fotografa, cercando l’inquadratura. Le foto sue non le faceva vedere, probabilmente perché mediocri. Sa sicuramente fotografare ma in quella situazione nemmeno lui era in grado di tirare fuori qualcosa di interessante.
Non mi riferisco ai video, secondo me il folle Araki (come altri) si disinteressa del documentario e pensa a fotografare.
Penso alle still photographs di umani con una macchina fotografica in mano, possibilmente non storta, ed alla loro attrattività. Il soggetto creativo nell’intenso atto di riprendere. Raramente è dato conoscere il risultato di tale intensa attività.
Ho fatto un workshop con Jerome Sessini 10 anni fa. Non mi ha insegnato NIENTE, ma ho visto come fotografa, cercando l’inquadratura. Le foto sue non le faceva vedere, probabilmente perché mediocri. Sa sicuramente fotografare ma in quella situazione nemmeno lui era in grado di tirare fuori qualcosa di interessante.
Non mi riferisco ai video, secondo me il folle Araki (come altri) si disinteressa del documentario e pensa a fotografare.
Penso alle still photographs di umani con una macchina fotografica in mano, possibilmente non storta, ed alla loro attrattività. Il soggetto creativo nell’intenso atto di riprendere. Raramente è dato conoscere il risultato di tale intensa attività.
Non sembra simpatico nemmeno a me però non lo conosco. In questo caso, leggendo i commenti, in pochi hanno capito cosa voleva dire, qualcuno per fortuna ha capito.cliqueur ha scritto: ↑gio apr 11, 2024 7:45 am Benedusi non fa molto per rendersi simpatico.
Ho fatto un workshop con Jerome Sessini 10 anni fa. Non mi ha insegnato NIENTE, ma ho visto come fotografa, cercando l’inquadratura. Le foto sue non le faceva vedere, probabilmente perché mediocri. Sa sicuramente fotografare ma in quella situazione nemmeno lui era in grado di tirare fuori qualcosa di interessante.
Non mi riferisco ai video, secondo me il folle Araki (come altri) si disinteressa del documentario e pensa a fotografare.
Penso alle still photographs di umani con una macchina fotografica in mano, possibilmente non storta, ed alla loro attrattività. Il soggetto creativo nell’intenso atto di riprendere. Raramente è dato conoscere il risultato di tale intensa attività.
Su Araki o altri anche in questo caso non posso sapere. A me insegnano molto quei documentari.
Cosa intendi per non storta?
Benedusi, insieme a Toscani, ha portato avanti una campagna contro chi si definisce "fotografo" che secondo lui fotografo non è.
Ok, cucino la sera per gli amici, non per questo sono uno chef. E ci sta, assolutamente. Ma non è detto che sia indispensabile adottare atteggiamenti giacobini. Vanno considerate alcune cose:
La macchina storta: a mio vedere fotografare vuol dire rispettare linee verticali e orizzontali. La fotografia con un umano che tiene la macchina evidentemente storta è una ripresa finta. O una inquadratura sbagliata (mica siamo tutti Gary Winogrand).
- Il fotometro, o come misurare se NON ci s può definire fotografo(sempre secondo Settimio)
Ok, cucino la sera per gli amici, non per questo sono uno chef. E ci sta, assolutamente. Ma non è detto che sia indispensabile adottare atteggiamenti giacobini. Vanno considerate alcune cose:
- fare il fotografo professionista è al giorno d'oggi difficilmente sostenibile economicamente, nel senso che solo vendendo fotografie è difficile pagare le bollette (cit. Nausicaa Giulia Bianchi)
- lo stesso Benedusi ha chiuso lo studio a Milano e lo ha riaperto a Imperia, non sembra avere più tutte le commesse di fotografia di moda che aveva prima, e fa (anche) altro (ricordi stampati)
- I fotoamatori, cioè quelli che con un altro lavoro si procurano le risorse per finanziare tutto ciò che ruota intorno alla fotografia (apparecchi, obiettivi, accessori, libri, riviste, corsi, etc.) sono quelli che effettivamente tengono in piedi il settore fotografico, che fanno girare gli "schei". Giochiamo a fare i fotografi? E lasciateci giocare!
La macchina storta: a mio vedere fotografare vuol dire rispettare linee verticali e orizzontali. La fotografia con un umano che tiene la macchina evidentemente storta è una ripresa finta. O una inquadratura sbagliata (mica siamo tutti Gary Winogrand).
Sicuramente Benedusi dice banalità ma tutte con un fondo di verità. Toscani è insopportabile, più un pubblicitario che un fotografo e come tanti ha iniziato nel posto giusto, al momento giusto e fotografando la gente giusta.cliqueur ha scritto: ↑ven apr 12, 2024 7:42 pm Benedusi, insieme a Toscani, ha portato avanti una campagna contro chi si definisce "fotografo" che secondo lui fotografo non è.
- Il fotometro, o come misurare se NON ci s può definire fotografo(sempre secondo Settimio)
Ok, cucino la sera per gli amici, non per questo sono uno chef. E ci sta, assolutamente. Ma non è detto che sia indispensabile adottare atteggiamenti giacobini. Vanno considerate alcune cose:
- fare il fotografo professionista è al giorno d'oggi difficilmente sostenibile economicamente, nel senso che solo vendendo fotografie è difficile pagare le bollette (cit. Nausicaa Giulia Bianchi)
- lo stesso Benedusi ha chiuso lo studio a Milano e lo ha riaperto a Imperia, non sembra avere più tutte le commesse di fotografia di moda che aveva prima, e fa (anche) altro (ricordi stampati)
Se lo trovi, guardati "Arakimentari", rende l'idea del suo atteggiamento. È un folle che si diverte, certo non un atteggiamento, ma un modo di essere, e di essere fotografo.
- I fotoamatori, cioè quelli che con un altro lavoro si procurano le risorse per finanziare tutto ciò che ruota intorno alla fotografia (apparecchi, obiettivi, accessori, libri, riviste, corsi, etc.) sono quelli che effettivamente tengono in piedi il settore fotografico, che fanno girare gli "schei". Giochiamo a fare i fotografi? E lasciateci giocare!
La macchina storta: a mio vedere fotografare vuol dire rispettare linee verticali e orizzontali. La fotografia con un umano che tiene la macchina evidentemente storta è una ripresa finta. O una inquadratura sbagliata (mica siamo tutti Gary Winogrand).
Chi fa il fotografo oggi, ma pure ieri, salvo rarissimi casi, è ricco o benestante e questo non c'entra nulla con la qualità dei lavori. Certamente ci sono fotografi che non si capisce come facciano a stare sul mercato. Buon per loro, cosa devo dire.
Delle vicende lavorative di Benedusi non so nulla. Ma probabilmente ha chiuso a Milano proprio perché le commesse sono poche, poco pagate e che ci piaccia o meno il suo lavoro commerciale lo sa fare e di svendersi ad una certa età on si ha più voglia.
I fotoamatori tengono in piedi il settore per quanto riguarda il mercato delle fotocamere, delle ottiche, eccetera. Bisogna anche considerare che pure in questo caso - professionisti vs. amatori - il digitale ha fatto danni. Un professionista usava un corredo per decenni senza saltare da un marchio all'altro (quindi il mercato delle fotocamere difficilmente si reggeva sui professionisti) ma consumando migliaia di pellicole (cosa che l'amatore non sempre faceva, sempre impegnato a saltare da un corredo all'altro nella vana speranza di migliorare le proprie fotografie) e relativo indotto (sviluppo, stampa, chimica, eccetera).
Ma sicuramente gli amatori non tengono in piedi il settore commerciale e artistico della fotografia. Ora che si scatta in digitale, ma esiste una nicchia di professionisti che lavora a pellicola, tutto il sistema è saltato.
Certo abbiamo sempre l'amatore che crede che una X, una S, una V, un Mark IV, possano permettergli il salto di qualità, ma da quel che vedo, complici i telefoni con fotocamera, non si vendono tutte queste fotocamere digitali. Viceversa nel settore delle compatte automatiche a pellicola, specie con alcuni marchi e modelli, i prezzi sono in folle crescita perché le fotocamere sono quelle, e le Contax G, le Ricoh GR, le Leica Minilux, non vengono prodotte da anni.
Conosco Arakimetari.
E dissento sulle linee dritte, basta vedere il lavoro di Teller.
Il mercato fotografico non si regge sui professionisti perché sono semplicemente pochi. Troppo pochi per assorbire le migliaia (o milioni) di prodotti che le economie di scala impongono. Solo Nikon ha prodotto 110 milioni di obiettivi dal 1959 al 2018, fanno 1,9 milioni di obiettivi l'anno. Solo Nikon. Qualcuno li deve comprare.
I fotoamatori comprano libri, riviste, corsi di fotografia. L'editoria fotografica è una delle poche non in crisi, anche perché basta stampare un libro di fotografie con i testi in inglese e qualche altra lingua-veicolo, che si vendono in tutto il mondo.
La fissazione per il pulsantino in più c’è sempre stata. Nelle riviste degli anni 80 si magnificavano: l’esposimetro integrato, l’accoppiamento diaframma-esposimetro ed il diaframma automatico, pensa un po’.
Sulle linee dritte o storte: non tutti sono Jürgen Teller, o Garry Winogrand come dicevo. La maggior parte delle fotografie che si vedono sono malamente storte.
Quindi non Alec Soth o Eugene Richards o Roger Ballen - che sono altamente sofisticati nel loro approccio-, ma meglio fotografi (me ne vengono in mente decine) che propongono fotografia che in teoria chiunque può fare, come per esempio la street photography.
Si arriva perfino a pubblicare libri, da editori di fama, con roadshow, editor più o meno noti e tutto il resto.
Sempre e solo per i fotoamatori.
Perché i canali che c'erano si sono inariditi.
I fotoamatori comprano libri, riviste, corsi di fotografia. L'editoria fotografica è una delle poche non in crisi, anche perché basta stampare un libro di fotografie con i testi in inglese e qualche altra lingua-veicolo, che si vendono in tutto il mondo.
La fissazione per il pulsantino in più c’è sempre stata. Nelle riviste degli anni 80 si magnificavano: l’esposimetro integrato, l’accoppiamento diaframma-esposimetro ed il diaframma automatico, pensa un po’.
Sulle linee dritte o storte: non tutti sono Jürgen Teller, o Garry Winogrand come dicevo. La maggior parte delle fotografie che si vedono sono malamente storte.
Concordo. Non c'è nesso di causalità tra capacità di spesa e qualità della fotografia generata.Chi fa il fotografo oggi, ma pure ieri, salvo rarissimi casi, è ricco o benestante e questo non c'entra nulla con la qualità dei lavori.
Ne parlavo più sopra: è sempre una questione di mercato amatoriale. Ogni marchio deve comunicare attraverso soggetti, immagini e personaggi nei quali i fotoamatori possano identificarsi e tentare di emulare. Per comprare attrezzatura, libri, corsi, riviste.Certamente ci sono fotografi che non si capisce come facciano a stare sul mercato.
Quindi non Alec Soth o Eugene Richards o Roger Ballen - che sono altamente sofisticati nel loro approccio-, ma meglio fotografi (me ne vengono in mente decine) che propongono fotografia che in teoria chiunque può fare, come per esempio la street photography.
Si arriva perfino a pubblicare libri, da editori di fama, con roadshow, editor più o meno noti e tutto il resto.
Sempre e solo per i fotoamatori.
Perché i canali che c'erano si sono inariditi.
In una buona parte dei casi è proprio il testo a fare vendere libri francamente mediocri. Testi ben scritti da professionisti del settore, molto spesso così fumosi e astratti che sono intercambiabili su più libri. Mi è capitato spesso di leggere introduzioni per libri con fotografie di architettura in bianco e nero che, cambiando giusto i nomi, si possono adattare a libri con foto di nudo scattate con il flash. Alle volte sono così astratti che vanno pure bene per l'apertura di una pizzeria alla moda a Milano. Infatti ho sempre pensato di rubare, tagliare, incollare (ma le ultime due cose non sono indispensabili) per poi applicare alle mie fotografie. Ho la sensazione che in pochi se ne accorgerebbero.cliqueur ha scritto: ↑mer apr 17, 2024 10:11 am Il mercato fotografico non si regge sui professionisti perché sono semplicemente pochi. Troppo pochi per assorbire le migliaia (o milioni) di prodotti che le economie di scala impongono. Solo Nikon ha prodotto 110 milioni di obiettivi dal 1959 al 2018, fanno 1,9 milioni di obiettivi l'anno. Solo Nikon. Qualcuno li deve comprare.
I fotoamatori comprano libri, riviste, corsi di fotografia. L'editoria fotografica è una delle poche non in crisi, anche perché basta stampare un libro di fotografie con i testi in inglese e qualche altra lingua-veicolo, che si vendono in tutto il mondo.
La fissazione per il pulsantino in più c’è sempre stata. Nelle riviste degli anni 80 si magnificavano: l’esposimetro integrato, l’accoppiamento diaframma-esposimetro ed il diaframma automatico, pensa un po’.
Sulle linee dritte o storte: non tutti sono Jürgen Teller, o Garry Winogrand come dicevo. La maggior parte delle fotografie che si vedono sono malamente storte.Concordo. Non c'è nesso di causalità tra capacità di spesa e qualità della fotografia generata.Chi fa il fotografo oggi, ma pure ieri, salvo rarissimi casi, è ricco o benestante e questo non c'entra nulla con la qualità dei lavori.Ne parlavo più sopra: è sempre una questione di mercato amatoriale. Ogni marchio deve comunicare attraverso soggetti, immagini e personaggi nei quali i fotoamatori possano identificarsi e tentare di emulare. Per comprare attrezzatura, libri, corsi, riviste.Certamente ci sono fotografi che non si capisce come facciano a stare sul mercato.
Quindi non Alec Soth o Eugene Richards o Roger Ballen - che sono altamente sofisticati nel loro approccio-, ma meglio fotografi (me ne vengono in mente decine) che propongono fotografia che in teoria chiunque può fare, come per esempio la street photography.
Si arriva perfino a pubblicare libri, da editori di fama, con roadshow, editor più o meno noti e tutto il resto.
Sempre e solo per i fotoamatori.
Perché i canali che c'erano si sono inariditi.
Il tastino di cui parli tu non c'entra nulla con quello che scrivo io. Come dico sempre la Nikon F, introdotta nel 1959, è ancora un ottimo apparecchio per fare fotografie, ha tutto quello che serve. Quello che passa tra una Eos 5 Mark I e una Eos 5 Mark II non migliora per nulla le fotografie di nessuno. Ma è quello che fanno credere gli uffici marketing delle aziende, ti abbiamo spostato i tasti, hai 1 stop in più di ISO, ti abbiamo messo l'ingresso per le schede SD e uno schermo con mezzo pollice in più, puoi fare fotografie migliori!
Conta quante fotocamere ha presentato Leica con il sistema M a pellicola e in che lasso di tempo e conta quante ne ha introdotte nei pochi anni del sistema M digitale. Il cliente un tempo si fidelizzava in un modo, certo vendendo sempre delle cose. Ora lo si usa per tenere aperta la baracca o arricchirsi.
(Ho editato leggermente i due paragrafi sopra).
La fotografia di strada è infatti il genere più sputtanato e abusato dopo la fotografia di matrimonio, proprio perché sembra alla portata di tutti (non lo è). In questo caso ritengo e riterrò sempre che abbia ragione Ando Gilardi con una delle sue grandi provocazioni: meglio ladro che fotografo.
Ripassando da queste parti mi è venuto in mente che se viviamo, e se viviamo profondamente, entrando in relazione con gli altri nella nostra vita, e ad un certo punto fissiamo la nostra vita nelle nostre fotografie, allora si, possiamo pensare di essere fotografi. E se pratichiamo migliorano anche i risultati.
C’è l’ennesima mostra di Henri Cartier Bresson a Rovigo.
Povero HCB, aveva smesso di fotografare nel 1974, cinquanta anni fa. La vulgata lo osanna come il padre della street photography, un genere che non esiste, quando invece è preminente la sua motivazione sociale combinata ad un senso estetico-artistico del tutto originale.
Associato al “momento decisivo”, un concetto nato da una spinta commerciale - i libri bisogna pur venderli, anche “Images à la sauvette”. Concetto poi sfruttato ampiamente per sedurre gli affetti da GAS (Gear Acquisition Syndrome).
Certo, commercialmente si rischia di meno con una mostra di un autore famoso che con uno emergente.
Henri ha smesso di fotografare e si è messo a dipingere. Lasciamolo in pace.
Povero HCB, aveva smesso di fotografare nel 1974, cinquanta anni fa. La vulgata lo osanna come il padre della street photography, un genere che non esiste, quando invece è preminente la sua motivazione sociale combinata ad un senso estetico-artistico del tutto originale.
Associato al “momento decisivo”, un concetto nato da una spinta commerciale - i libri bisogna pur venderli, anche “Images à la sauvette”. Concetto poi sfruttato ampiamente per sedurre gli affetti da GAS (Gear Acquisition Syndrome).
Certo, commercialmente si rischia di meno con una mostra di un autore famoso che con uno emergente.
Henri ha smesso di fotografare e si è messo a dipingere. Lasciamolo in pace.